Neapolis, ossia «nuova città» (in greco antico Νεάπολις), venne fondata, senza tema di errare, dai Cumani. Tale responsabilità di fondazione è asserita unanimemente da Strabone, Velleio Patercolo, Scimno di Chio, Lutazio e Tito Livio. Autori che da un lato rientrano in un'ottica cumana, dipendendo da fonti cumane, Patercolo, Strabone e Pseudo-Scymno, e dall'altro rientrano in un'ottica neapolitana, dipendendo da fonti neapolitane, Livio e Lutazio[2].
I ritrovamenti archeologici indicano che il pianoro di Neapolis era diffusamente frequentato almeno dalla metà del VI secolo a.C.[16] e che la «Nuova Città» sia da ricondurre alla fine dello stesso[15][3].
La fondazione di Neapolis si colloca nell'ambito del clima di stasis vigente a Cuma per tutta la parabola di Aristodemo[15]. Risultato delle staseis è forse, in primo luogo, la distruzione di Parthenope menzionata da Lutazio[17]: è probabile appunto che l'insediamento fin da allora fungesse da rifugio per le fazioni «perdenti».[3] Il momento decisivo corrisponde all'instaurazione della Tirranide di Aristodemo, dopo la battaglia di Aricia del 520 a.C.. La tradizione ricorda dell'espulsione forzata degli oligarchi che trovarono rifugio a Capua. È probabile che in questa circostanza essi abbiano deciso di dare spazio alla Nea Polis.[3] Ad ogni modo è certo che la fondazione o meglio rifondazione (urbem restituisse)[18] della città sia avvenuta per mano di oligarchi mossi dalla volontà di dar vita ad una «seconda Cuma», del tutto somigliante alla città dalla quale provenivano; lo confermano a sufficienza ad esempio il prosieguo di culti come quello di Demetra e la fedele ripresa dell'organizzazione in fratrie.[3]
Neapolis, caso unico nel mondo greco, fu costituita nello stesso territorio della madre patria. Effettivamente il territorio venne suddiviso, a nord i grandi proprietari terrieri e a sud questo insediamento che nacque con una notevole vocazione mercantile incentivata dal porto.[19]
La città si estendeva nel pianoro compreso tra le attuali chiese di Sant'Aniello a Caponapoli (p.zza Cavour), dei SS. Apostoli (San Lorenzo) e di Santa Maria Egiziaca (Forcella). Uno studio del 2019 dell'Università degli Studi di Napoli Federico II, pubblicato sul Journal of Historical Geography[20], dimostra che la disposizione e le proporzioni dell'assetto urbano di Neapolis furono scelti in modo che la città potesse essere riconosciuta come la città di Elio e di Partenope. Il rigido assetto ortogonale delle strade fu realizzato come un microcosmo che si rifaceva alla cosmologia di Pitagora basato sull'armonia della sezione aurea che metteva il sole al centro di un universo armonico di dieci sfere concentriche.[21]
Neapolis non nacque dunque integrando e di conseguenza sviluppando la città vecchia come avvenne ad esempio nel caso di Costantinopoli, bensì sorse a circa tre chilometri di distanza per motivi logistici (il luogo dove sorgeva Parthenope non permetteva oltremodo di dare respiro allo spazio urbano[22]) ma anche per fattori economici e commerciali dovuti alle esigenze dell'epoca: Neapolis nacque infatti tutta proiettata verso la valle del Sarno.[2] In questo periodo storico la città si presentava composta da due «corpi» separati ma costituenti un'unica realtà urbana.